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La relatività della crisi

Biella 13 ottobre 2012

Nella microimpresa di somministrazione alimentare che gestisco nel borgo medievale del Piazzo, ho appena spento le quindici candeline.

Trascorsi tre lustri nel corso dei quali è cambiato il mondo, Il fiato per soffiare sulle candele si è fatto più corto, ma respiro ancora e tengo il punto, pur con fatica e navigando a vista.

Nella mia filosofia spicciola, per non farmi angosciare più del necessario, ho deciso da tempo di smarrire le chiavi di lettura-iattura della parola “crisi” sino alla sua rievocazione, pochi giorni orsono, quando mi è venuto tra le mani uno scritto che può aiutare a capovolgere l’ordine nel quale siamo abituati (a volte per induzione negativa di chi ci circonda) a vedere sempre nefaste le prospettive, non provando mai a mettere in discussione la nostra conforme capacità di visione del mondo per ribaltare una situazione che noi italiani, in altri periodi ben peggiori di questo, siamo stati maestri nel far virare in nostro favore.

Il virgolettato di cui parlo è un pensiero positivo circa la “relatività della crisi” che, opinabile o meno, appartiene ad un uomo dai neuroni indiscutibilmente lucidi come pepite, di nome Albert Einstein:

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e per le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie d’uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno di noi, perché senza crisi i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere della crisi è esaltarne il conformismo. Invece lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

Benito Possemato
Commerciante in Biella

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